giovedì 25 settembre 2008

Hamlet: act 2, scene 2

richard05E' un po' di tempo che, non so perché,
Ho perso tutto il mio brioso umore,
Tralasciato ogni usata occupazione;
E ciò grava a tal punto sul mio spirito
Che questa bella struttura, la terra,
Mi sembra un promontorio senza vita,
Questo stupendo baldacchino, il cielo,
Questa splendida volta, il firmamento,
Questo tetto maestoso, ingemmato di fuochi d'oro...
Ebbene, per me non è nient'altro che un odiato
Pestilenziale ammasso di vapori.
Che sublime capolavoro è l'uomo!
Quanto nobile nella sua ragione!
Quanto infinito nelle sue risorse!
Quanto espressivo nelle sue movenze,
Mirabile: un angelo negli atti,
Un dio nell'intelletto!
La bellezza dell'universo mondo!
La perfezione del regno animale!
Eppure che cos'è agli occhi miei
Questo conglomerato di terriccio?
L'uomo per me non ha alcuna attrattiva...
E nemmeno la donna.

lunedì 22 settembre 2008

sasso e morde - seconda puntata

noirIndagini fontane sia fasciarono ala sua menta, di sè, piero di cappelli nei e ricchi, milagro e none don la panchetta chiome a desto a fioco giù di quaranta ani. Tetta polpa di bell’alimentazione ala meridiana: piedini di giorno, piedini di spera. Guado rientrava accasa tordi, appariva il frego riff ero e tciù, bello che provava, mangrovia. Fosse eva banche polpa di quei ridens armenti don Manica, se l’aveste spostata, in tondo l’arava, e in fece, al memento ri fumava addì rottura la connivenza... Mah, brina o buoi, Manica lavorerebbe bollato, lei volava luna fanghiglia... Ma orca bastonava pesare a Madia, don tosse alto che per rutti i biglietti don le polluzioni matte natiche che neri cinque ani li avena passito. Avvolte le sveva chiostro:

- "Madia, perdi un prodi tempio e sfregami quieti esseri egizi..."

Madia riponeva sempre in maniero verace e di stangata:

- "Alter, io non li sto sfregare, io li sto risolvere e bestia. Io fascio l’essere egizio in maniero maccanico, o moglie, chiome se qualche unno me lo gettasse. Pluto oste tu, che sgridi tanto pene, potessi inseminarmi a tendere un divario, sarebbe pere me un ammicco, ma non sommai chiome indiziare esse ci provolo, poi, mi “ingorgo” sabato."

Ma Alter don ci avena mai ne banche pravato, le avena scolo sorge ritto di eleggere motto.

venerdì 19 settembre 2008

ci sono cretini che hanno visto la Madonna e ci sono cretini che non hanno visto la Madonna.


carmelo_beneMonologo da Nostra Signora dei Turchi
di Carmelo Bene






Ci sono cretini che hanno visto la Madonna e ci sono cretini che non hanno visto la Madonna.
Io sono un cretino che la Madonna non l’ha vista mai.
Tutto consiste in questo, vedere la Madonna o non vederla.
San Giuseppe da Copertino, guardiano di porci, si faceva le ali frequentando la propria maldestrezza e le notti, in preghiera, si guadagnava gli altari della Vergine, a bocca aperta, volando.
I cretini che vedono la Madonna hanno ali improvvise, sanno anche volare e riposare a terra come una piuma. I cretini che la Madonna non la vedono, non hanno le ali, negati al volo eppure volano lo stesso, e invece di posare ricadono come se un tale, avendo i piombi alle caviglie e volendo disfarsene, decide di tagliarsi i piedi e si trascina verso la salvezza, tra lo scherno dei guardiani, fidenti a ragione dell’emorragia imminente che lo fermerà. Ma quelli che vedono non vedono quello che vedono, quelli che volano sono essi stessi il volo. Chi vola non si sa.
Un siffatto miracolo li annienta: più che vedere la Madonna, sono loro la Madonna che vedono. È l’estasi questa paradossale identità demenziale che svuota l’orante del suo soggetto e in cambio lo illude nella oggettivazione di sè, dentro un altro oggetto.
Tutto quanto è diverso, è Dio.
Se vuoi stringere sei tu l’amplesso, quando baci la bocca sei tu.
Divina è l’illusione. Questo è un santo. Così è di tutti i santi, fondamentalmente impreparati, anzi negati. Gli altari muovono verso di loro, macchinati dall’ebetismo della loro psicosi o da forze telluriche equilibranti , ma questo è escluso. È così che un santo perde se stesso, tramite l’idiozia incontrollata. Un altare comincia dove finisce la misura. Essere santi è perdere il controllo, rinunciare al peso, e il peso è organizzare la propria dimensione. Dove è passata una strega passerà una fata.
Se a frate Asino avessero regalato una mela metà verde e metà rossa, per metà avvelenata, lui che aveva le mani di burro, l’avrebbe perduta di mano. Lui non poteva perdersi o salvarsi, perchè senza intenzione,inetto.
Chi non ha mai pensato alla morte è forse immortale. È così che si vede la Madonna.
Ma i cretini che vedono la Madonna, non la vedono, come due occhi che fissano due occhi attraverso un muro: un miracolo è la trasparenza. Sacramento è questa demenza, perchè una fede accecante li ha sbarrati, questi occhi, ha mutato gli strati - erano di pietra gli strati - li ha mutati in veli. E gli occhi hanno visto la vista. Uno sguardo. O l’uomo è così cieco, oppure Dio è oggettivo.
I cretini che vedono, vedono in una visione se stessi, con le varianti che la fede apporta: se vermi, si rivedono farfalle, se pozzanghere nuvole, se mare cielo. E davanti a questo alter ego si inginocchiano come davanti a Dio.
Si confessano a un secondo peccato. Divino è tutto quanto hanno inconsciamente imparato di sè. Hanno visto la Madonna. Santi.
I cretini che non hanno visto la madonna, hanno orrore di sè, cercano altrove, nel prossimo, nelle donne - in convenevoli del quotidiano fatti preghiere - e questo porta a miriadi di altari. Passionisti della comunicativa, non portano Dio agli altri per ricavare se stessi, ma se stessi agli altri per ricavare Dio. L’ umiltà è conditio prima.
I nostri contemporanei sono stupidi, ma prostrarsi ai piedi dei più stupidi di essi significa pregare. Si prega così oggi. Come sempre. Frequentare i più dotati non vuol dire accostarsi all’assoluto comunque. Essere più gentile dei gentili. Essere finalmente il più cretino.
Religione è una parola antica.
Al momento chiamiamola educazione



giovedì 18 settembre 2008

nokia modello "hell I / 1-9"

danteRitrovato il cellulare di Dante Alighieri con 1 sms in uscita:

nel mezzo del cmn di ns vita
mi ritrovai x 1 selva oscura
xké la diritta via era smarr

ahi qnt a dir qual era è kosa dura
qst selva selvag & aspra & strong
ke nel pnsr rinova la paura

tant'è amara ke poko è + morte
ma x tratt del ben ki vi trovai,
dirò de l'altre kose ki vho skorte

ciao bea ti kiamo dom matt
notte cucciola... tvtb 6 speciale
dante


mercoledì 17 settembre 2008

sasso e morde - prima puntata

gialloIl Demente Alter Bordelli la provò sol petto, compiutamente cruda e don il molto risolto su uva marte.

Li grattava bella ignora Madia Bulli doglie superata di Fobia Russi il giù moto giocoliere cella cita, conche bua rex campagna bel limneo Giribaldi e la ricedeva in chela sit azione scattosa topo cent’unni.

Erto, si con fuse ostato pier il nume, il Demente Bordelli di siculo con l’andrebbe dicono uscita.

Da uva ripida e petosa occhiuta, i cimbi aventi errano nei tavoli. Qual corto che avena da venti, ankara bullo, eva tatto via mosto giù pastoso bella campagna di scola che raccordava, i cappelli errano buondì sismi e ricchi, quanto lui sa ricordava don i cappelli funghi, pisci e nei chiome l’iban. Li tocchi spalancati errano a zorri, e lui li rammendava versi chiome li smeraldi. Letti a compatto? Toh, morse avena sparsa memori.

Il Datore Marchio Corti avvampò don pasto lento perso il Demente e la bua foce malta, lo scorse dai raccordi:

- "Bruto alfiere, Demente, la ignora é morda saffo carta col cugino. Don vi estate violetta sensuale, ma eva con sei ziette, ed é morda al terrine dell’anfiosso, direi quasi in contento rane. Pigiamo che l’assaggino, mente eva in pieno esen tizio de le due prostrazioni, sapeva bellissimo come volava germinare il giogo."

Il Demente Bordelli lo guadò cogliendosi i boccali e visse:

- "Aravamo astuti al limneo sconti fico Giribaldi in seme, pier cinque ani. Raccordo che avena luna pensione cortissima pier la mare natica, faceva rutti gli esercizi don la felicità don cui si cassava il roseto culle lebbra. Deh, Dator Corti, mi ha fasto luna certa in prigione rive darla costì."

Buoi, si affrescò a comprarla col lenza aiuole.

e lucean le stelle? ma de che.... je rodean le palle

Olindo_GuerriniIl Canto Dell'Odio
di
Olindo Guerrini aka Lorenzo Stecchetti





Quando tu dormirai dimenticata
sotto la terra grassa
E la croce di Dio sarà piantata
ritta sulla tua cassa

Quando ti coleran marce le gote
entro i denti malfermi
E nelle occhiaie tue fetenti e vuote
brulicheranno i vermi

Per te quel sonno che per altri è pace
sarà strazio novello
E un rimorso verrà freddo, tenace,
a morderti il cervello.

Un rimorso acutissimo ed atroce
verrà nella tua fossa
A dispetto di Dio, della sua croce,
a rosicchiarti l'ossa.

Io sarò quel rimorso. Io te cercando
entro la notte cupa,
La mia che fugge il dì, verrò latrando
come latra una lupa;

Io con quest'ugne scaverò la terra
per te fatta letame
E il turpe legno schioderò che serra
la tua carogna infame.

Oh, come nel tuo core ancor vermiglio
sazierò l'odio antico,
Oh, con che gioia affonderò l'artiglio
nel tuo ventre impudico!

Sul tuo putrido ventre accoccolato
io poserò in eterno,
Spettro della vendetta e del peccato,
spavento dell'inferno:

Ed all'orecchio tuo che fu sì bello
sussurrerò implacato
Detti che bruceranno il tuo cervello
come un ferro infocato.

Quando tu mi dirai: perché mi mordi
e di velen m'imbevi?
Io ti risponderò: non ti ricordi
che bei capelli avevi?

Non ti ricordi dei capelli biondi
che ti coprian le spalle
e degli occhi nerissimi, profondi,
pieni di fiamme gialle?

E delle audacie del tuo busto e della
opulenza dell'anca?
Non ti ricordi più com'eri bella,
provocatrice e bianca?

Ma non sei dunque tu che nudo il petto
agli occhi altrui porgesti
E, spumante Liscisca, entro al tuo letto
passar la via facesti?

Ma non sei tu che agli ebbri ed ai soldati
spalancasti le braccia,
Che discendesti a baci innominati
e a me ridesti in faccia?

Ed io t'amavo, ed io ti son caduto
pregando innanzi e, vedi,
quando tu mi guardavi, avrei voluto
morir sotto a' tuoi piedi.

Perché negare - a me che pur t' amavo -
uno sguardo gentile,
quando per te mi sarei fatto schiavo,
mi sarei fatto vile?

Perché m'hai detto no quando carponi
misericordia chiesi,
e sulla strada intanto i tuoi lenoni
aspettavan gl'Inglesi?

Hai riso? Senti! Dal sepolcro cavo
questa tua rea carogna,
nuda la carne tua che tanto amavo
l'inchiodo sulla gogna,

E son la gogna i versi ov'io ti danno
al vituperio eterno,
a pene che rimpianger ti faranno
le pene dell'inferno.

Qui rimorir ti faccio, o maledetta,
piano a colpi di spillo,
e la vergogna tua, la mia vendetta
tra gli occhi ti sigillo.