blog di oreste pinziettoni
mercoledì 27 agosto 2014
Trouble in paradise - Al Bowlly and Ray Noble Orchestra (1933)
Lyrics:
Trouble in paradise
How did it start?
We were in paradise
Now we're apart
We were so gay in love
Eager to stay in love
Dream like away in love
Heart to heart
Trouble in paradise
Ended our dreams
Trouble in paradise
Strange as it seems
Lonely am I again
Learning to cry again
Paying the price
For trouble in paradise
(Ned Weaver, Milton Ager, Jean Schwartz, Edwin Lester)
Courtesy of Clotta
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martedì 26 febbraio 2013
Che vi piaccia o no, il PD è un partito "di destra"
Che vi piaccia o no, il PD in realtà ha a cuore gli interessi della classe dominante e la maggior parte delle sue azioni politiche sono orientate in un’ottica di protezione degli interessi di oligarchie economiche. Infatti:
1. Neanche il PD stesso si definisce più «di sinistra», ma «democratico e progressista». Anzi, cerca di respingere ogni possibile associazione o legame reale con la tradizione «di sinistra»: per esempio, nel Parlamento Europeo rifiuta di far parte del Partito Socialista Europeo (PSE) perché ritenuto troppo a sinistra, tanto che si è dovuto creare un apposito gruppo sovrapartitico per poterlo includere in una più neutra “Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici”, in cui il PD si riconosce ovviamente nei “democratici” più che nei “socialisti”.
2. Non ha mai voluto lavorare per una legge sul conflitto d’interessi.
3. Ha sempre sostenuto la necessità di realizzare la tratta di Treni ad Alta Velocità (TAV) nonostante l’opposizione popolare e nonostante il fatto evidente che questa opera sia utile solo per il tornaconto delle aziende private coinvolte e della mafia infiltrata. Un’inutilità, tra l’altro, ammessa anche dai alcuni liberisti puri che non appartengono al mondo politico di sinistra.
4. Si dichiara in generale a favore delle privatizzazioni: nell’ambito delle infrastrutture intende «favorire l’ingresso di operatori privati italiani e stranieri».
5. Non intende rispettare l’esito del referendum sulla gestione delle risorse idriche.
6. Accetta finanziamenti da parte della grande imprenditoria italiana, come i Riva, per poi genuflettersi agli interessi dell’Ilva.
7. Promuove attivamente l’abolizione dell’articolo 18 e, più in generale, delle tutele sindacali.
8. Accetta acriticamente le richieste di un cartello di banche che consiglia di procedere per decreto, il più rapidamente possibile, alla «cessione di società pubbliche locali» e alla riduzione della «rigidità nelle norme sui licenziamenti dei contratti a tempo indeterminato» (lettera di Jean-Claude Trichet e Mario Draghi dell’agosto 2011).
9. Stefano Fassina, membro della segreteria nazionale del PD, in un’intervista al Financial Times ha rassicurato la finanza mondiale che «se andremo al governo non rinegozieremo il fiscal compact né abrogheremo il pareggio in bilancio in Costituzione».
10. E’ un partito liberista tanto quanto lo è stato quello di Monti, se non di più. Nell’ultimo anno ha sostenuto il governo Monti votando a favore di tutte le leggi che sanciscono lo smantellamento dello stato sociale, confermando la riforma della scuola e dell’università con i pesanti tagli, l’ingresso di privati nel mondo della formazione e la trasformazione degli organi di governo in consigli di amministrazione, tagliando i fondi destinati alla ricerca e alla sanità pubblica.
11. Sempre nell’ultimo anno si è costantemente proposto come un interlocutore del governo Monti piuttosto che un avversario politico. La strategia politica sarebbe stata quella di governare assieme a Monti, punto sul quale si era preoccupato di rassicurare gli USA.
12. Infatti, un gran numero di esponenti del mondo della finanza e del capitale hanno appoggiato il PD, sostenendolo indirettamente o direttamente (ad esempio, Colaninno e De Benedettti) affinchè dopo le elezioni formasse un governo con Monti.
13. In base a sondaggi di gradimento, il governo Monti che è stato il governo italiano più di destra degli ultimi trent’anni, ha goduto del consenso – con convizione (e non a malincuore) – di un’elevata percentuale dell’elettorato del PD, molto maggiore di quella che si è riscontrata negli elettori del PDL. Questo smentisce l’ipotesi che le scelte politiche del PD siano state sostenute solo dai vertici del partito senza il consenso della base dei suoi elettori.
14. Non si oppone alle spese militari calendarizzate dal Ministero della difesa entro il 2014: acquisizione di due sommergibili di nuova generazione, di navi da guerra, di elicotteri, di sistemi contraerei a corta/media portata e di difesa antimissile, completamento di una linea di elicotteri e relativo supporto logistico, completamento degli allestimenti e sistemi d’arma di una portaerei, prosecuzione di una serie di programmi missilistici internazionali, programma di approvvigionamento mezzi, equipaggiamenti, sistemi, nonché realizzazione di infrastrutture operative e di supporto per la costituzione di un HUB aereo nazionale.
15. Sulla questione di genere, il PD fino a poco tempo fa, senza che questo suscitasse nel partito nessuna crisi di identità, accoglieva cattolici integralisti che, se dipendesse da loro, volentieri abolirebbero non solo la legge sull’aborto ma probabilmente anche quella sul divorzio.
16. Includendo nella questione di genere anche i diritti degli omosessuali, il partito ha come presidente Rosy Bindi, un’ex-esponente del Partito Popolare ed ex-militante di Azione Cattolica che dei matrimoni omosessuali dice «non userei la parola matrimonio» e di chi li propone dice che hanno «posizioni massimaliste»
17. Sul piano delle pari opportunità, il PD si riduce a prendere in considerazione le “quote rosa”.
18. Il PD parla di legalità come valore assoluto astratto e non come prodotto sociale ed esprime solidarietà con le Forze dell’Ordine «senza se e senza ma».
1. Neanche il PD stesso si definisce più «di sinistra», ma «democratico e progressista». Anzi, cerca di respingere ogni possibile associazione o legame reale con la tradizione «di sinistra»: per esempio, nel Parlamento Europeo rifiuta di far parte del Partito Socialista Europeo (PSE) perché ritenuto troppo a sinistra, tanto che si è dovuto creare un apposito gruppo sovrapartitico per poterlo includere in una più neutra “Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici”, in cui il PD si riconosce ovviamente nei “democratici” più che nei “socialisti”.
2. Non ha mai voluto lavorare per una legge sul conflitto d’interessi.
3. Ha sempre sostenuto la necessità di realizzare la tratta di Treni ad Alta Velocità (TAV) nonostante l’opposizione popolare e nonostante il fatto evidente che questa opera sia utile solo per il tornaconto delle aziende private coinvolte e della mafia infiltrata. Un’inutilità, tra l’altro, ammessa anche dai alcuni liberisti puri che non appartengono al mondo politico di sinistra.
4. Si dichiara in generale a favore delle privatizzazioni: nell’ambito delle infrastrutture intende «favorire l’ingresso di operatori privati italiani e stranieri».
5. Non intende rispettare l’esito del referendum sulla gestione delle risorse idriche.
6. Accetta finanziamenti da parte della grande imprenditoria italiana, come i Riva, per poi genuflettersi agli interessi dell’Ilva.
7. Promuove attivamente l’abolizione dell’articolo 18 e, più in generale, delle tutele sindacali.
8. Accetta acriticamente le richieste di un cartello di banche che consiglia di procedere per decreto, il più rapidamente possibile, alla «cessione di società pubbliche locali» e alla riduzione della «rigidità nelle norme sui licenziamenti dei contratti a tempo indeterminato» (lettera di Jean-Claude Trichet e Mario Draghi dell’agosto 2011).
9. Stefano Fassina, membro della segreteria nazionale del PD, in un’intervista al Financial Times ha rassicurato la finanza mondiale che «se andremo al governo non rinegozieremo il fiscal compact né abrogheremo il pareggio in bilancio in Costituzione».
10. E’ un partito liberista tanto quanto lo è stato quello di Monti, se non di più. Nell’ultimo anno ha sostenuto il governo Monti votando a favore di tutte le leggi che sanciscono lo smantellamento dello stato sociale, confermando la riforma della scuola e dell’università con i pesanti tagli, l’ingresso di privati nel mondo della formazione e la trasformazione degli organi di governo in consigli di amministrazione, tagliando i fondi destinati alla ricerca e alla sanità pubblica.
11. Sempre nell’ultimo anno si è costantemente proposto come un interlocutore del governo Monti piuttosto che un avversario politico. La strategia politica sarebbe stata quella di governare assieme a Monti, punto sul quale si era preoccupato di rassicurare gli USA.
12. Infatti, un gran numero di esponenti del mondo della finanza e del capitale hanno appoggiato il PD, sostenendolo indirettamente o direttamente (ad esempio, Colaninno e De Benedettti) affinchè dopo le elezioni formasse un governo con Monti.
13. In base a sondaggi di gradimento, il governo Monti che è stato il governo italiano più di destra degli ultimi trent’anni, ha goduto del consenso – con convizione (e non a malincuore) – di un’elevata percentuale dell’elettorato del PD, molto maggiore di quella che si è riscontrata negli elettori del PDL. Questo smentisce l’ipotesi che le scelte politiche del PD siano state sostenute solo dai vertici del partito senza il consenso della base dei suoi elettori.
14. Non si oppone alle spese militari calendarizzate dal Ministero della difesa entro il 2014: acquisizione di due sommergibili di nuova generazione, di navi da guerra, di elicotteri, di sistemi contraerei a corta/media portata e di difesa antimissile, completamento di una linea di elicotteri e relativo supporto logistico, completamento degli allestimenti e sistemi d’arma di una portaerei, prosecuzione di una serie di programmi missilistici internazionali, programma di approvvigionamento mezzi, equipaggiamenti, sistemi, nonché realizzazione di infrastrutture operative e di supporto per la costituzione di un HUB aereo nazionale.
15. Sulla questione di genere, il PD fino a poco tempo fa, senza che questo suscitasse nel partito nessuna crisi di identità, accoglieva cattolici integralisti che, se dipendesse da loro, volentieri abolirebbero non solo la legge sull’aborto ma probabilmente anche quella sul divorzio.
16. Includendo nella questione di genere anche i diritti degli omosessuali, il partito ha come presidente Rosy Bindi, un’ex-esponente del Partito Popolare ed ex-militante di Azione Cattolica che dei matrimoni omosessuali dice «non userei la parola matrimonio» e di chi li propone dice che hanno «posizioni massimaliste»
17. Sul piano delle pari opportunità, il PD si riduce a prendere in considerazione le “quote rosa”.
18. Il PD parla di legalità come valore assoluto astratto e non come prodotto sociale ed esprime solidarietà con le Forze dell’Ordine «senza se e senza ma».
Un inquadramento storico del problema
E' del tutto evidente come il PD oggi, e le formazioni politiche di centrosinistra che lo hanno preceduto negli ultimi venti anni, abbiano smesso di perseguire l'unione dell'ideale di emancipazione dei ceti subalterni con la nozione di progresso storico inteso come sviluppo economico e tecnologico.
Emancipazione e sviluppo sono i due binari sui quali il treno della sinistra ha viaggiato per tutta una fase storica fino alla crisi del capitalismo keynesiano-fordista avvenuta negli anni Settanta.
La risposta del capitale alla tale crisi segna l’inizio della fase attuale del capitalismo.
Il potere contrattuale dei
lavoratori viene distrutto da manovre politiche e da manovre
economiche che prevedono delocalizzazioni, automazione produttiva, concorrenza della
manodopera immigrata priva di diritti.
Alla saturazione dei mercati si risponde da una parte con la produzione di merci rivolte a nicchie più ristrette, la cui lavorazione richiede una sempre maggiore flessibilità dei lavoratori, e che sono caratterizzate da costi minori in termini di lavoro e sempre maggiori in termini di ricerca, pubblicità, corruzione; dall’altra, in proporzione crescente, con lo spostamento del capitale dalla produzione alla finanza.
In questa situazione la sinistra riformista non ha più nessuno spazio.
Non sono più possibili politiche dei redditi che trasferiscano ai lavoratori (direttamente con aumenti salariali o indirettamente con i servizi del Stato Sociale) parte dei profitti in modo compatibile con l’accumulazione capitalistica.
Non è più possibile una politica di tendenziale piena occupazione perché questa ridarebbe alla classe operaia un potere contrattuale incompatibile con la forma attuale di accumulazione del capitale.
In mancanza di una prospettiva di superamento del capitalismo, la sinistra non ha nessuno strumento per contrastare la distruzione delle conquiste ottenute dai ceti subalterni nella fase precedente.
A questa difficoltà oggettiva la sinistra ha aggiunto, in tutti o quasi i paesi occidentali e nella larga maggioranza delle sue componenti, una complicità soggettiva: non solo essa non fa nulla per contrastare tali processi, ma diventa una forza che attivamente li persegue.
Alla saturazione dei mercati si risponde da una parte con la produzione di merci rivolte a nicchie più ristrette, la cui lavorazione richiede una sempre maggiore flessibilità dei lavoratori, e che sono caratterizzate da costi minori in termini di lavoro e sempre maggiori in termini di ricerca, pubblicità, corruzione; dall’altra, in proporzione crescente, con lo spostamento del capitale dalla produzione alla finanza.
In questa situazione la sinistra riformista non ha più nessuno spazio.
Non sono più possibili politiche dei redditi che trasferiscano ai lavoratori (direttamente con aumenti salariali o indirettamente con i servizi del Stato Sociale) parte dei profitti in modo compatibile con l’accumulazione capitalistica.
Non è più possibile una politica di tendenziale piena occupazione perché questa ridarebbe alla classe operaia un potere contrattuale incompatibile con la forma attuale di accumulazione del capitale.
In mancanza di una prospettiva di superamento del capitalismo, la sinistra non ha nessuno strumento per contrastare la distruzione delle conquiste ottenute dai ceti subalterni nella fase precedente.
A questa difficoltà oggettiva la sinistra ha aggiunto, in tutti o quasi i paesi occidentali e nella larga maggioranza delle sue componenti, una complicità soggettiva: non solo essa non fa nulla per contrastare tali processi, ma diventa una forza che attivamente li persegue.
Questa complicità ha ovviamente assunto forme diverse nei vari paesi.
In Italia l’anno cruciale in cui si determina è il 1993.
E’ noto come il 2 giugno 1992 il panfilo Britannia della Regina d’Inghilterra abbia raccolto un nutrito gruppo di banchieri anglosassoni e di personaggi del mondo politico ed economico italiano per progettare, sotto l’impulso e la direzione dei primi, la privatizzazione dell’economia pubblica italiana.
Tale privatizzazione viene avviata l’anno successivo prima dal governo Amato, e poi dal governo Ciampi che gli succede.
Il passaggio essenziale compiuto dai governi Amato e Ciampi è consistito, più che in specifiche privatizzazioni, nell’approntare la struttura giuridica necessaria alle privatizzazioni stesse, che avranno uno sviluppo imponente tra il dicembre 1993, quando viene ceduto ad un pool di banche italiane e straniere, ad un prezzo di svendita, il Credito Italiano, ed il maggio 1999, quando dal tronco delle Ferrovie dello Stato nascono Trenitalia e RFI.
L’anno cruciale è il 1997, quando, sotto il governo Prodi, vengono privatizzate la Società Autostrade, Finmeccanica, e soprattutto STET e SIP, fuse in Telecom.
Si tratta di un’immane trasformazione, di un mutamento epocale, che ha l’effetto di distruggere tutti quegli strumenti dell’intervento pubblico nell’economia con i quali la sinistra aveva svolto nei decenni precedenti la sua politica emancipativa.
Tutto questo avviene con il sostanziale assenso della sinistra: il PDS si astiene sul governo Ciampi e, soprattutto, né il PDS né Rifondazione Comunista discutono, nel 1993, l’avvio del grande ciclo di privatizzazione dell’economia pubblica italiana e non mobilitano il loro popolo e i loro intellettuali riguardo ad una questione fondamentale come questa.
Questo silenzio ha una sola spiegazione, per la quale non abbiamo prove definitive, ma che ci sembra l’unico scenario ragionevole: vi è stato fra il ‘92 e il ‘93 una trattativa nella quale i dirigenti dell’ex-PCI hanno concesso ai poteri forti dell’economia la loro inerzia silenziosa di fronte all’avvio del ciclo delle privatizzazioni, ottenendo in cambio quella legittimazione a partecipare al governo del paese che non avevano a causa del loro passato legame con l’Unione Sovietica e il comunismo internazionale.
Ricordiamo che il governo Ciampi aveva al momento della sua formazione tre ministri provenienti dalla sinistra, immediatamente dimessisi soltanto per vicende legate alle inchieste di Mani Pulite.
Ricordiamo che il governo Ciampi aveva al momento della sua formazione tre ministri provenienti dalla sinistra, immediatamente dimessisi soltanto per vicende legate alle inchieste di Mani Pulite.
La sinistra è poi entrata in forze nel governo nel 1996, dopo la vittoria elettorale di Prodi, scelto da D’Alema come capo della coalizione di centro-sinistra non, come allora si disse, in quanto ex-democristiano, ma in quanto uomo della Goldman Sachs, in grado di farsi garante per una sinistra di governo presso i poteri forti dell’economia.
La fase delle grandi privatizzazioni degli anni Novanta rappresenta il passaggio dell’Italia dal capitalismo “keynesiano-fordista” all’attuale capitalismo “neoliberista-globalizzato” e, parallelamente, anche la compiuta e definitiva trasformazione della sinistra italiana in una forza de-emancipativa, trasformazione che culmina con l’aggressione alla Jugoslavia del ’99, attuata da un governo di centrosinistra con a capo Massimo D’Alema.
La fase delle grandi privatizzazioni degli anni Novanta rappresenta il passaggio dell’Italia dal capitalismo “keynesiano-fordista” all’attuale capitalismo “neoliberista-globalizzato” e, parallelamente, anche la compiuta e definitiva trasformazione della sinistra italiana in una forza de-emancipativa, trasformazione che culmina con l’aggressione alla Jugoslavia del ’99, attuata da un governo di centrosinistra con a capo Massimo D’Alema.
Riassumendo, a partire dagli anni Settanta, i due binari dell'Emancipazione e dello sviluppo sui quali il treno della
sinistra aveva viaggiato sino ad allora si sono divaricati e sono andati in direzioni opposte: il treno non poteva che deragliare, e in tali condizioni l’unica scelta razionale, per i viaggiatori sopravvissuti, è quella di abbandonare il treno e continuare il viaggio in altro modo e su altri mezzi.
La fine della sinistra emancipativa non è quindi, se non in modo derivato, un risultato degli errori politici, della pochezza intellettuale e morale, dei tradimenti dei ceti dirigenti della sinistra stessa.
Tutto questo vi è stato, ma sulla base di un
esaurimento storico dell’identità fondamentale della sinistra stessa. Di fronte
a questo esaurimento storico i ceti dirigenti della sinistra si sono trovati a
dover scegliere fra difesa degli ideali di emancipazione da una parte e
sviluppo dall’altra, e in questo frangente hanno mostrato tutta la loro
pochezza intellettuale e morale.
La complicità soggettiva alla de-emancipazione è stata cioè
resa possibile dalla situazione di esaurimento storico delle ragioni fondative
della sinistra emancipativa.
venerdì 4 gennaio 2013
giovedì 9 febbraio 2012
obbligo di Catene
In vista di un'altra possibile nevicata su Roma, il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha emanato
un'ordinanza per affrontare al meglio l'emergenza.
Per domani obbligo di Catene: in TV a reti unificate fino alle 24 di sabato.
Chi cambia canale, spala la neve.
Per domani obbligo di Catene: in TV a reti unificate fino alle 24 di sabato.
Chi cambia canale, spala la neve.
giovedì 2 febbraio 2012
martedì 31 gennaio 2012
sboccio della razionalità
Quando ci si rende conto che la sola volontà cieca e ostinata di fare sesso
non è sufficiente per farlo veramente e si decide di dare
un’occhiata al cosiddetto mondo esterno, magari possono tornare utili seguire i seguenti passi:
a. esiste non-io;
b. non-io non risponde ai comandi;
c. approfondire il concetto di “no”;
d. importanza delle mutande nella società contemporanea;
f. il mondo ha un fondamento.
domenica 29 gennaio 2012
snob alla quarta
Tutti hanno il diritto di essere snob. È nella carta dei diritti dell’uomo, dopo la parte sull’eiaculazione.
Essere snob è un piacere che nessuno dovrebbe negarsi, è quella specie di sollievo che deriva dal sentirsi un gradino sopra al resto dell’umanità, non tanto per intelligenza quanto per esperienza mondana. È quell’atteggiamento di imperturbabile saccenteria che porta a non stupirsi più di nulla e ad apprezzare tutto ciò che concerne Victor Sjöström. Essere snob significa saperla un pò più lunga degli altri, ma senza entrare nei dettagli.
Dio mio, Manrico, è orribile!
Cosa non lo è, Piero?
Hanno arrestato otto persone solo perché non hanno finito il dessert.
E cosa ti stupisce?
Avevano tutti meno di un anno!
Capita ogni giorno.
Ma godevano dell’immunità parlamentare!
Ovvio.
Erano tutti incensurati, di buona famiglia e andavano a messa ogni domenica.
E magari erano anche disabili...
No.
Appunto. Succede ogni giorno.
Però erano dei fan di Guerre Stellari, può essere considerata una malattia?
Come puoi guardare film tanto orrendi, Piero?
Essere snob non significa disprezzare gli altri, ma solo fare finta, che è una cosa diversa.
Per esercitare il proprio diritto allo snobismo è indispensabile frequentare persone che, per qualche ragione, abbiano deciso di rinunciarvi. Queste persone sono chiamate “gente comune” e sono indispensabili allo snob per procurarsi il necessario sollievo. Non è possibile dedicarsi con soddisfazione a pratiche snobistiche se manca la gente comune, così come è assurdo immaginare una società di soli aristocratici o uno sport dove arrivino tutti primi. Qualcuno deve pur stare sul gradino più basso del podio.
I problemi nascono quando gli snob iniziano a frequentarsi fra di loro. Quando un gruppo di persone è costituito principalmente da snob, i pochi esemplari di gente comune diventano prede ambite, contese con ogni mezzo da torme di snob bisognosi. Questo in genere fa sì che le persone comuni si dileguino in tempi scala abbastanza brevi (da 1 a 2.5 Gin Tonic) e scompaiano senza pagare il conto. Questo fenomeno è noto come “decadimento comune” ed è stato studiato per la prima volta da Jean-Paul Sartre durante le sue feste di compleanno.
In queste condizioni la pratica dello snobismo non dà nessuna soddisfazione, oltre a produrre conversazioni particolarmente noiose.
Dio mio, Manrico, è orribile.
E cosa ti stupisce, Manrico?
Cosa non mi stupisce, vorrai dire?
Ovvio.
Capita ogni giorno.
E cosa non capita ogni giorno?
In questi casi, se si vuole continuare a provare il sottile piacere di sentirsi migliori degli altri senza doverlo dimostrare, è necessario iniziare a fare gli snob con gli snob, cioè praticare quello che alcuni studiosi hanno definito “snobismo alla seconda”. Questo comporta un apparente ritorno alle posizioni della gente comune e il mettersi a guardare Guerre Stellari, benché con godimento simulato.
Ecco un esempio di dialogo fra un comune snob e uno snob alla seconda.
L’ultimo film di Victor Sjöström è semplicemente sublime.
Come puoi guardare film tanto orrendi, Manrico?
Quali film non lo sono?
Guerre Stellari, per esempio.
Mi prendi in giro, vero Manrico alla seconda?
E chi non ti prende in giro?
Naturalmente il problema si ripresenta quando snob alla seconda iniziano a frequentare altri snob alla seconda. Sembra che questo fenomeno, benché più raro del precedente, abbia un’evoluzione più rapida e porti in breve tempo al fenomeno dello "snobismo alla terza".
Costoro sono gli snob degli snob degli snob. Com’è facile immaginare, essi riprendono le posizioni degli snob comuni, ma lo fanno con una certa stanchezza (non bisogna dimenticare che è gente che ha alle spalle tre passaggi snobistici, che non sono proprio una passeggiata). Di solito si esprimono in modo laconico, con brevi commenti lapidari e risultano più liquidatori e sbrigativi che saccenti. A uno sguardo superficiale potrebbero sembrare più sereni degli snob comuni, ma in realtà sono solo più svogliati. Hanno perso gran parte dell’originaria verve polemica e l’esercizio dello snobismo al cubo non dà loro il sollievo sperato.
Dio mio, Manrico alla terza, è orribile!
Cosa?
Hanno arrestato otto persone solo perché non hanno finito il dessert.
...
Avevano tutti meno di un anno, godevano dell’immunità parlamentare, erano incensurati, di buona famiglia e andavano a messa ogni domenica. Dove vai?
A casa.
Ovviamente esistono anche gli snob alla quarta. Questi individui, spossati e piegati dallo sforzo di tutti questi salti snobistici, abbandonano anche le tecniche tipiche dello snobismo, le domande retoriche e il sorrisetto di superiorità e si lasciano andare senza opporre resistenza al più piatto conformismo. Sono anche detti “gente comune”.
Essere snob è un piacere che nessuno dovrebbe negarsi, è quella specie di sollievo che deriva dal sentirsi un gradino sopra al resto dell’umanità, non tanto per intelligenza quanto per esperienza mondana. È quell’atteggiamento di imperturbabile saccenteria che porta a non stupirsi più di nulla e ad apprezzare tutto ciò che concerne Victor Sjöström. Essere snob significa saperla un pò più lunga degli altri, ma senza entrare nei dettagli.
Dio mio, Manrico, è orribile!
Cosa non lo è, Piero?
Hanno arrestato otto persone solo perché non hanno finito il dessert.
E cosa ti stupisce?
Avevano tutti meno di un anno!
Capita ogni giorno.
Ma godevano dell’immunità parlamentare!
Ovvio.
Erano tutti incensurati, di buona famiglia e andavano a messa ogni domenica.
E magari erano anche disabili...
No.
Appunto. Succede ogni giorno.
Però erano dei fan di Guerre Stellari, può essere considerata una malattia?
Come puoi guardare film tanto orrendi, Piero?
Essere snob non significa disprezzare gli altri, ma solo fare finta, che è una cosa diversa.
Per esercitare il proprio diritto allo snobismo è indispensabile frequentare persone che, per qualche ragione, abbiano deciso di rinunciarvi. Queste persone sono chiamate “gente comune” e sono indispensabili allo snob per procurarsi il necessario sollievo. Non è possibile dedicarsi con soddisfazione a pratiche snobistiche se manca la gente comune, così come è assurdo immaginare una società di soli aristocratici o uno sport dove arrivino tutti primi. Qualcuno deve pur stare sul gradino più basso del podio.
I problemi nascono quando gli snob iniziano a frequentarsi fra di loro. Quando un gruppo di persone è costituito principalmente da snob, i pochi esemplari di gente comune diventano prede ambite, contese con ogni mezzo da torme di snob bisognosi. Questo in genere fa sì che le persone comuni si dileguino in tempi scala abbastanza brevi (da 1 a 2.5 Gin Tonic) e scompaiano senza pagare il conto. Questo fenomeno è noto come “decadimento comune” ed è stato studiato per la prima volta da Jean-Paul Sartre durante le sue feste di compleanno.
In queste condizioni la pratica dello snobismo non dà nessuna soddisfazione, oltre a produrre conversazioni particolarmente noiose.
Dio mio, Manrico, è orribile.
E cosa ti stupisce, Manrico?
Cosa non mi stupisce, vorrai dire?
Ovvio.
Capita ogni giorno.
E cosa non capita ogni giorno?
In questi casi, se si vuole continuare a provare il sottile piacere di sentirsi migliori degli altri senza doverlo dimostrare, è necessario iniziare a fare gli snob con gli snob, cioè praticare quello che alcuni studiosi hanno definito “snobismo alla seconda”. Questo comporta un apparente ritorno alle posizioni della gente comune e il mettersi a guardare Guerre Stellari, benché con godimento simulato.
Ecco un esempio di dialogo fra un comune snob e uno snob alla seconda.
L’ultimo film di Victor Sjöström è semplicemente sublime.
Come puoi guardare film tanto orrendi, Manrico?
Quali film non lo sono?
Guerre Stellari, per esempio.
Mi prendi in giro, vero Manrico alla seconda?
E chi non ti prende in giro?
Naturalmente il problema si ripresenta quando snob alla seconda iniziano a frequentare altri snob alla seconda. Sembra che questo fenomeno, benché più raro del precedente, abbia un’evoluzione più rapida e porti in breve tempo al fenomeno dello "snobismo alla terza".
Costoro sono gli snob degli snob degli snob. Com’è facile immaginare, essi riprendono le posizioni degli snob comuni, ma lo fanno con una certa stanchezza (non bisogna dimenticare che è gente che ha alle spalle tre passaggi snobistici, che non sono proprio una passeggiata). Di solito si esprimono in modo laconico, con brevi commenti lapidari e risultano più liquidatori e sbrigativi che saccenti. A uno sguardo superficiale potrebbero sembrare più sereni degli snob comuni, ma in realtà sono solo più svogliati. Hanno perso gran parte dell’originaria verve polemica e l’esercizio dello snobismo al cubo non dà loro il sollievo sperato.
Dio mio, Manrico alla terza, è orribile!
Cosa?
Hanno arrestato otto persone solo perché non hanno finito il dessert.
...
Avevano tutti meno di un anno, godevano dell’immunità parlamentare, erano incensurati, di buona famiglia e andavano a messa ogni domenica. Dove vai?
A casa.
Ovviamente esistono anche gli snob alla quarta. Questi individui, spossati e piegati dallo sforzo di tutti questi salti snobistici, abbandonano anche le tecniche tipiche dello snobismo, le domande retoriche e il sorrisetto di superiorità e si lasciano andare senza opporre resistenza al più piatto conformismo. Sono anche detti “gente comune”.
(Smeriglia)
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