Nasco con una certa dose X di autostima, X varia nel tempo, può aumentare o può diminuire, ma di solito aumenta. Per esempio se mi scoppia una vena nel cervello X diventa +∞. Y è invece la stima del mondo nei miei confronti così come io la percepisco (stima del mondo percepita):
Y = ∑ƒi•Yi
dove Yi è la stima che effettivamente ha per me la persona i-esima e ƒi è quanto m’importa di questa persona.
Sono soddisfatto di me stesso se e solo se
Y ≥ X
cioè se e solo se la stima del mondo è pari o superiore alla mia autostima.
Se questo non accade allora sarò frustrato, tanto più frustrato quanto più grande è la differenza fra X e Y e la mia infelicità sarà pari a:
µ•(X-Y)
dove µ è una costante di proporzionalità che dipende solo dalle unità di misura.
Esempio 1.
Sandro si stima in maniera pazzesca
X = pazzesca
ed è stimato da sua madre (m), che Sandro usa come sua personale badante e scendiletto mobile (ƒm = 0), e dal suo gatto Rasputin (r) che per quanto sia di razza è pur sempre un gatto (ƒr = 0).
Sandro stima moltissimo Giorgio, Fabrizio e Paolo (gfp), che però sono tre soldatini di legno e a quanto pare i soldatini di legno non hanno l’anima (Ygfp= 0), cosa che non dipende tanto dal materiale quanto dal fatto che sono soldatini.
Quindi l’infelicità di Sandro è:
µ (X - Ym•ƒm - Yr•ƒr - Ygfp•ƒgfp)
che svolgendo i calcoli diventa pazzesca.
■
Più in generale, si può concludere che una persona sola (Y=0) non solo è necessariamente infelice
µ•X
ma la sua infelicità è tanto più grande quanto più alta è l’opinione che ha di sé.
Chi è insoddisfatto ha due possibili strade: può cercare di ridimensionare X, per esempio rendendosi conto che non sa nemmeno cucinarsi due uova al tegamino, oppure può cercare di aumentare Y, cioè può dedicare la vita a guadagnarsi la stima degli altri. Quest’ultima strada è nettamente la più faticosa e lunga, ma sorprendentemente è anche la più seguita.
C’è però un problema, ogni nuova persona che mi stima fa aumentare non solo Y ma anche X, infatti X è composta da due termini:
X = X0 + ∑Yi
dove X0 è la stima che ho di me quando nessuno mi stima ed è detta autostima a riposo, mentre ∑Yi è la stima che tutti gli altri hanno di me (stima del mondo effettiva). È un fenomeno abbastanza intuitivo, più persone mi stimano più a mia volta io mi stimo e mi stimo tanto più quanto più esse mi stimano. In altre parole c’è sempre un buon motivo per stimarsi.
Per capire se questo meccanismo fa diminuire o aumentare la mia infelicità, basta scrivere esplicitamente X e Y nell’espressione dell’infelicità:
µ•(X0 + ∑Yi - ∑ƒi•Yi)
cioè:
µ•[X0 + ∑ Yi•(1-ƒi)]
Ora, se Xi è la stima che ho della persona i-esima, ƒi può essere scritto come segue:
ƒi = Xi/X0
cioè m’importa poco delle persone che stimo poco e, in generale, più io mi stimo meno m’importa di tutti gli altri. Dunque sostituendo ƒi si ha:
µ•[X0 + ∑Yi•(X0-Xi)/X0]
da cui si vede che se conquisto la stima di una persona che stimo meno di quanto io di base mi stimi, cioè se X0-Xi>0, aumenterò la mia infelicità invece di diminuirla.
Esempio 2.
Sandro decide di guadagnarsi la stima del maggior numero di persone possibile e va su Facebook. Dopo alcuni mesi ha più di quattromila amici, alcuni dei quali stima moltissimo, come un premio Nobel, cinque pittori rinascimentali e l’inventore della vagina, ma sfortunatamente Sandro è convinto di essere la persona più intelligente del mondo:
X0>Xi per ogni i appartenente al mondo
dunque ogni suo nuovo amico, per quanto sia stimabile, non farà altro che sprofondarlo ancora di più nell’infelicità. ■
Più in generale si può affermare che chi pensa di essere la persona migliore del mondo sarà tanto più infelice quanto maggiore è il numero dei suoi adulatori.
Y = ∑ƒi•Yi
dove Yi è la stima che effettivamente ha per me la persona i-esima e ƒi è quanto m’importa di questa persona.
Sono soddisfatto di me stesso se e solo se
Y ≥ X
cioè se e solo se la stima del mondo è pari o superiore alla mia autostima.
Se questo non accade allora sarò frustrato, tanto più frustrato quanto più grande è la differenza fra X e Y e la mia infelicità sarà pari a:
µ•(X-Y)
dove µ è una costante di proporzionalità che dipende solo dalle unità di misura.
Esempio 1.
Sandro si stima in maniera pazzesca
X = pazzesca
ed è stimato da sua madre (m), che Sandro usa come sua personale badante e scendiletto mobile (ƒm = 0), e dal suo gatto Rasputin (r) che per quanto sia di razza è pur sempre un gatto (ƒr = 0).
Sandro stima moltissimo Giorgio, Fabrizio e Paolo (gfp), che però sono tre soldatini di legno e a quanto pare i soldatini di legno non hanno l’anima (Ygfp= 0), cosa che non dipende tanto dal materiale quanto dal fatto che sono soldatini.
Quindi l’infelicità di Sandro è:
µ (X - Ym•ƒm - Yr•ƒr - Ygfp•ƒgfp)
che svolgendo i calcoli diventa pazzesca.
■
Più in generale, si può concludere che una persona sola (Y=0) non solo è necessariamente infelice
µ•X
ma la sua infelicità è tanto più grande quanto più alta è l’opinione che ha di sé.
Chi è insoddisfatto ha due possibili strade: può cercare di ridimensionare X, per esempio rendendosi conto che non sa nemmeno cucinarsi due uova al tegamino, oppure può cercare di aumentare Y, cioè può dedicare la vita a guadagnarsi la stima degli altri. Quest’ultima strada è nettamente la più faticosa e lunga, ma sorprendentemente è anche la più seguita.
C’è però un problema, ogni nuova persona che mi stima fa aumentare non solo Y ma anche X, infatti X è composta da due termini:
X = X0 + ∑Yi
dove X0 è la stima che ho di me quando nessuno mi stima ed è detta autostima a riposo, mentre ∑Yi è la stima che tutti gli altri hanno di me (stima del mondo effettiva). È un fenomeno abbastanza intuitivo, più persone mi stimano più a mia volta io mi stimo e mi stimo tanto più quanto più esse mi stimano. In altre parole c’è sempre un buon motivo per stimarsi.
Per capire se questo meccanismo fa diminuire o aumentare la mia infelicità, basta scrivere esplicitamente X e Y nell’espressione dell’infelicità:
µ•(X0 + ∑Yi - ∑ƒi•Yi)
cioè:
µ•[X0 + ∑ Yi•(1-ƒi)]
Ora, se Xi è la stima che ho della persona i-esima, ƒi può essere scritto come segue:
ƒi = Xi/X0
cioè m’importa poco delle persone che stimo poco e, in generale, più io mi stimo meno m’importa di tutti gli altri. Dunque sostituendo ƒi si ha:
µ•[X0 + ∑Yi•(X0-Xi)/X0]
da cui si vede che se conquisto la stima di una persona che stimo meno di quanto io di base mi stimi, cioè se X0-Xi>0, aumenterò la mia infelicità invece di diminuirla.
Esempio 2.
Sandro decide di guadagnarsi la stima del maggior numero di persone possibile e va su Facebook. Dopo alcuni mesi ha più di quattromila amici, alcuni dei quali stima moltissimo, come un premio Nobel, cinque pittori rinascimentali e l’inventore della vagina, ma sfortunatamente Sandro è convinto di essere la persona più intelligente del mondo:
X0>Xi per ogni i appartenente al mondo
dunque ogni suo nuovo amico, per quanto sia stimabile, non farà altro che sprofondarlo ancora di più nell’infelicità. ■
Più in generale si può affermare che chi pensa di essere la persona migliore del mondo sarà tanto più infelice quanto maggiore è il numero dei suoi adulatori.
(Smeriglia)