Scrivere una poesia,
sempre è un colpo di mano sull'ignoto,
un penetrare svegli
nel mistero del sogno,
un prendere possesso della notte.
Aggiramento, azione di sorpresa
sulla nostra città profonda:
forzare la sua porta,
entrare fra le case addormentate,
scoprire il loro segreto.
Perciò una poesia
si scrive di soppiatto,
all'insaputa quasi di noi stessi;
è un contrabbando fatto sui confini
sorprendendo le scorte, è un furto sacro
in cui rischia la dannazione
o il bacio divino.
Perciò poetando non si deve quasi
vedere ciò che si scrive
nel tenebrore, nella dormiveglia,
nei frastagli del confine
che sono come i fiordi della mente
ove si penetra nei mari interni
molto addentro nei seni
di una soprannaturale calma.
(Giorgio Vigolo)
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