(b) Se esce 1 o 2 digita: "Che la stella guidi le campane della gloria, nel cuore del pellegrino umile e disseti la fonte dell'agnello come pastori al pascolo nella rinascita della salvezza, per te e per i tuoi cari".
(c) se esce 3 o 4 digita: "Felicità e giubilo inondino con la gloria del pastore e riportino il gregge del salvatore alla fonte della luce per questo natale traboccante di nascita alla gioia della sorgente (delle tue pecorelle)".
(d) se esce 5 o 6 digita: "Scenda la notte dell'annuncio per i tuoi cari a betlemme come speranza per un prossimo anno nuovo ricco di povertà nella purezza dei vostri cuori vergini come la pecorella che si abbevera nella smarrita gloria"
(e) se esce 7 o più contatta il centro neuropsichiatrico più vicino.
Apprendo or ora dal radio giornale che er Secchia e er Panaro sono a rischio di esondazione... E quando sbottano er Secchia e er Panaro sono dolori... Chissà qual'è il livello delle acque der "Belli Capelli" e der "Catena"?... 'Sti fiumi "coatti" sono sempre più imprevedibili, non c'è che dire!
Le quaglie sciroppate sono un grande classico da assaporare in tutta la loro fragranza, da abbinare al gelato alla nduja, alle creme al capitone ma anche - durante il periodo natalizio - al panettone ai fagioli, magari con del sanguinaccio sbriciolato accanto. Di semplice realizzazione, sono un'ottima merenda o spuntino, sia d’estate che d’inverno.
quaglie sciroppate
ingredienti
- 2 kg di quaglie - 400 g di zucchero preparazione
- versa in una pentola tre litri d'acqua e portala ad ebollizione - lava le quaglie e tuffale con tutte le penne per un minuto nell'acqua bollente - scola le quaglie, passale in acqua fredda e falle a pezzi con una spaventosa mannaia affilata - sistema a strati le quaglie appena massacrate in uno o più vasi di vetro, spolverizzando ogni strato con due cucchiai di zucchero - attappa ermeticamente i vasi di vetro - avvolgi ogni barattolo con dei strofinacci e sistemali in piedi nella pentola - copri i barattoli con acqua fredda e fai bollire per 40 minuti - spegni il fuoco e lascia raffreddare i barattoli immersi nell'acqua.
Gli argomenti di conversazione maschile da sempre sono le donne ed il calcio. E' un grande classico rodato e consunto. Ma perchè perdere tempo a scegliere il topic di turno? Ho una proposta semplificatrice: che si parli - virilmente - soltanto di calcio femminile. Tolti dall'impaccio della scelta di quale impronta dare alla conversazione "maschia", ci si concentrerebbe meglio su dettagli importantissimi quali la voce roca, lo sguardo truce o l'aggiustata al pacco, spesso ingiustamente tralasciati. La nostra vita da machos calciofili sarebbe ulteriormente semplificata e ne trarrebbe inevitabile giovamento. Calcio femminile... E buonanotte al secchio. Pensateci.
C’era un grillo in un campo di lino, la formicuzza gliene chiese un filino. Disse il grillo: “Che cosa ne vuoi fare?” “Calze e camicie: mi voglio maritare!”
Larizzumpararillallero Larizzumpararillallà
Disse il grillo: “Lo sposo sarò io!” La formicuzza: “Sono contenta anch’io.” Era fissato il giorno delle nozze, due fichi secchi e due castagne cotte.
Larizzumpararillallero Larizzumpararillallà
Andarono in chiesa per mettersi l’anello, cadde il grillo e si ruppe il cervello. La formicuzza corse verso il mare Cercar l’unguento e il grillo medicare.
Larizzumpararillallero Larizzumpararillallà
Quando fu là, laggiù vicino al porto, venne la nuova che il grillo era già morto. Suonan le nove e di là dal prato si sente dire che il grillo è sotterrato.
Larizzumpararillallero Larizzumpararillallà
La formicuzza, per il gran dolore, prese le zampine e se le ficcò nel cuore. Suona il tocco, nel campo di riso si sente dire che il grillo è in Paradiso.
Larizzumpararillallero Larizzumpararillallà
Quattro grillini vestiti di nero portarono il grillo sino al cimitero. Quattro formiche vestite di bianco Portaron la formica sino al camposanto.
Nasco con una certa dose X di autostima, X varia nel tempo, può aumentare o può diminuire, ma di solito aumenta. Per esempio se mi scoppia una vena nel cervello X diventa +∞. Y è invece la stima del mondo nei miei confronti così come io la percepisco (stima del mondo percepita):
Y = ∑ƒi•Yi
dove Yi è la stima che effettivamente ha per me la persona i-esima e ƒi è quanto m’importa di questa persona. Sono soddisfatto di me stesso se e solo se
Y ≥ X
cioè se e solo se la stima del mondo è pari o superiore alla mia autostima. Se questo non accade allora sarò frustrato, tanto più frustrato quanto più grande è la differenza fra X e Y e la mia infelicità sarà pari a:
µ•(X-Y)
dove µ è una costante di proporzionalità che dipende solo dalle unità di misura.
Esempio 1. Sandro si stima in maniera pazzesca
X = pazzesca
ed è stimato da sua madre (m), che Sandro usa come sua personale badante e scendiletto mobile (ƒm = 0), e dal suo gatto Rasputin (r) che per quanto sia di razza è pur sempre un gatto (ƒr = 0). Sandro stima moltissimo Giorgio, Fabrizio e Paolo (gfp), che però sono tre soldatini di legno e a quanto pare i soldatini di legno non hanno l’anima (Ygfp= 0), cosa che non dipende tanto dal materiale quanto dal fatto che sono soldatini. Quindi l’infelicità di Sandro è:
µ (X - Ym•ƒm - Yr•ƒr - Ygfp•ƒgfp)
che svolgendo i calcoli diventa pazzesca. ■
Più in generale, si può concludere che una persona sola (Y=0) non solo è necessariamente infelice
µ•X
ma la sua infelicità è tanto più grande quanto più alta è l’opinione che ha di sé. Chi è insoddisfatto ha due possibili strade: può cercare di ridimensionare X, per esempio rendendosi conto che non sa nemmeno cucinarsi due uova al tegamino, oppure può cercare di aumentare Y, cioè può dedicare la vita a guadagnarsi la stima degli altri. Quest’ultima strada è nettamente la più faticosa e lunga, ma sorprendentemente è anche la più seguita. C’è però un problema, ogni nuova persona che mi stima fa aumentare non solo Y ma anche X, infatti X è composta da due termini:
X = X0 + ∑Yi
dove X0 è la stima che ho di me quando nessuno mi stima ed è detta autostima a riposo, mentre ∑Yi è la stima che tutti gli altri hanno di me (stima del mondo effettiva). È un fenomeno abbastanza intuitivo, più persone mi stimano più a mia volta io mi stimo e mi stimo tanto più quanto più esse mi stimano. In altre parole c’è sempre un buon motivo per stimarsi. Per capire se questo meccanismo fa diminuire o aumentare la mia infelicità, basta scrivere esplicitamente X e Y nell’espressione dell’infelicità:
µ•(X0 + ∑Yi - ∑ƒi•Yi)
cioè:
µ•[X0 + ∑ Yi•(1-ƒi)]
Ora, se Xi è la stima che ho della persona i-esima, ƒi può essere scritto come segue:
ƒi = Xi/X0
cioè m’importa poco delle persone che stimo poco e, in generale, più io mi stimo meno m’importa di tutti gli altri. Dunque sostituendo ƒi si ha:
µ•[X0 + ∑Yi•(X0-Xi)/X0]
da cui si vede che se conquisto la stima di una persona che stimo meno di quanto io di base mi stimi, cioè se X0-Xi>0, aumenterò la mia infelicità invece di diminuirla.
Esempio 2. Sandro decide di guadagnarsi la stima del maggior numero di persone possibile e va su Facebook. Dopo alcuni mesi ha più di quattromila amici, alcuni dei quali stima moltissimo, come un premio Nobel, cinque pittori rinascimentali e l’inventore della vagina, ma sfortunatamente Sandro è convinto di essere la persona più intelligente del mondo:
X0>Xi per ogni i appartenente al mondo
dunque ogni suo nuovo amico, per quanto sia stimabile, non farà altro che sprofondarlo ancora di più nell’infelicità. ■
Più in generale si può affermare che chi pensa di essere la persona migliore del mondo sarà tanto più infelice quanto maggiore è il numero dei suoi adulatori.
Non dormo, ho gli occhi aperti per te. Guardo fuori e guardo intorno. Com'è gonfia la strada di polvere e vento nel viale del ritorno...
Quando arrivi, quando verrai per me guarda l'angolo del cielo dov'è scritto il tuo nome, è scritto nel ferro nel cerchio di un anello...
E ancora mi innamora e mi fa sospirare così. Adesso e per quando tornerà l'incanto.
E se mi trovi stanco, e se mi trovi spento, se il meglio è già venuto e non ho saputo tenerlo dentro me.
I vecchi già lo sanno il perché, e anche gli alberghi tristi, che il troppo è per poco e non basta ancora ed è una volta sola.
E ancora proteggi la grazia del mio cuore adesso e per quando tornerà l'incanto. L'incanto di te... di te vicino a me.
Ho sassi nelle scarpe e polvere sul cuore, freddo nel sole e non bastan le parole.
Mi spiace se ho peccato, mi spiace se ho sbagliato. Se non ci sono stato, se non sono tornato.
Ma ancora proteggi la grazia del mio cuore, adesso e per quando tornerà il tempo... Il tempo per partire, il tempo di restare, il tempo di lasciare, il tempo di abbracciare.
In ricchezza e in fortuna, in pena e in povertà, nella gioia e nel clamore, nel lutto e nel dolore, nel freddo e nel sole, nel sonno e nell'amore.
Ovunque proteggi la grazia del mio cuore. Ovunque proteggi la grazia del tuo cuore.
Ovunque proteggi, proteggimi nel male. Ovunque proteggi la grazie del tuo cuore.
L'ultimo esemplare di una data cosa porta con sé la categoria. Spegne la luce e scompare. Guardati intorno. Mai è un sacco di tempo. Ma il bambino la sapeva lunga. E sapeva che mai è l’assenza di qualsiasi tempo.
Memories Light the corners of my mind Misty watercolor memories Of the way we were Scattered pictures Of the smiles we left behind Smiles we gave to one another For the way we were
Can it be that it was all so simple then Or has time rewritten every line If we had the chance to do it all again Tell me - Would we? Could we?
Memories May be beautiful and yet What's too painful to remember We simply choose to forget
So it's the laughter We will remember Whenever we remember The way we were
So it's the laughter We will remember Whenever we remember The way we were
Una piccola città, in qualche sperduto luogo della terra, è infestata dai lupi mannari, cioè ci sono alcune persone che durante le notti di luna piena si trasformano in lupi feroci. Si può quindi ragionevolmente pensare che almeno uno degli abitanti di questo strano luogo sia un lupo mannaro. Per fare fronte a questa situazione il sindaco della cittadina emette un'ordinanza, la quale prevede che ogni cittadino che sappia di essere un lupo mannaro, si debba uccidere appena lo scopre. Dato che gli abitanti del luogo sono tutti dei cittadini rispettosi delle leggi, si può dare per certo che effettivamente ogni abitante che scopra di essere un lupo mannaro si uccida. Purtroppo però, un lupo mannaro non si accorge di esserlo e quindi lo può solo capire dall'osservazione di quello che gli sta intorno. A questo punto occorre ricordare che tutte le notti, e quindi in particolare quelle di plenilunio, ogni cittadino incontra tutti gli altri, e pertanto è in grado di vedere i lupi mannari anche se non può comunicare con loro. Dopo la terza notte di luna piena vengono ritrovati i cadaveri di alcuni lupi mannari. Voi dovete scoprire quanti sono i lupi ritrovati e soprattutto perché sono stati ritrovati soltanto dopo la terza notte, mentre nelle due precedenti non si è avuto alcun ritrovamento.
Soluzione:
Sono tre. Esistono molte varianti di questo problema (L'isola dei cornuti, L'epidemia nel convento, etc.)
caso 1: se ci fosse 1 solo lupo mannaro saprebbe subito di esserlo perché: a) non è a conoscenza di altri lupi mannari, b) si sa che ce n'è almeno uno. Pertanto il 1° giorno di luna piena si ucciderebbe;
caso 2: se ci fossero 2 lupi mannari, ciascuno di essi conoscerebbe un solo lupo mannaro (l'altro) e non si ucciderebbe il 1° giorno aspettandosi che l'altro lo facesse, come dal caso 1; ma non accadendo ciò, si renderebbe conto di essere lupo mannaro e perciò il 2° giorno di luna piena due uomini si ucciderebbero;
caso 3: se ci fossero 3 lupi mannari, ciascuno di essi conoscerebbe 2 lupi mannari (gli altri) e non si ucciderebbero né il primo giorno di luna piena né il secondo, aspettandosi che tutto funzioni come al caso 2; ma non accadendo ciò, si renderebbero conto di essere lupi mannari e perciò il 3° giorno di luna piena 3 uomini si ucciderebbero;
- impazzire; - dare ascolto ad una voce immaginaria che recita "acqua! acqua!" quando ci si allontana da un parcheggio e "fuoco! fuoco!" quando invece ci si avvicina ad un posto libero; - continuare a guidare ascoltando la voce immaginaria fintantochè non si trova effettivamente parcheggio (magari bisogna girare un pò); - parcheggiare; - rinsavire (facoltativo).
nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma in qualcosa di più sudato di prima tra il 21 giugno e il 21 settembre, specialmente all'ora di pranzo.
E' un dato di fatto che l'avvento degli impianti idraulici e sanitari sia stato un colpo mortale per l'industria dei vasi da notte. Io stesso, non ne posseggo uno e non ne sento nemmeno il bisogno.
Forse un mattino andando in un'aria di vetro, arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto alberi case colli per l'inganno consueto. Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Perchè la barba si misura a giorni e non a millimetri? Da dove viene tutta 'sta poesia, 'sta metafora concessa eccezionalmente all'unità di misura della barba?
Un caseificio specializzato nella produzione del formaggio Bel Paese attraversa una fase di acuta crisi commerciale. La deriva e l'imbarbarimento delle abitudini alimentari contemporanee, infatti, hanno allontanato sempre più le nuove generazioni dall'amore per i prodotti caseari tradizionali, ed il Bel Paese con essi. La crisi è nera, ma il proprietario del caseficio - professionista del cacio implacabile ed inflessibile - non si arrende all'imminente bancarotta lanciando sul mercato una nuova linea di formaggio aromatizzato al peyote. Grazie alla distorsione delle percezioni sensoriali garantita dal fungo allucinogeno, la novità casearia conquista settori sempre più ampi di consumatori giovanili alla ricerca di facili divertimenti, diventando un vero e proprio fenomeno di costume. Ma il nuovo cacio è "roba pesante" e si rivela fatale per gli uomini e le donne di una certà età. Si moltiplicano, infatti, le morti per overdose da peyote tra gli ottuagenari e nonagenari, un'insensata mattanza che non tarda ad esser collegata dalle autorità giudiziarie al Bel Paese tanto amato dai giovani. Il caseificatore viene così coinvolto in un'inchiesta dalla quale riesce, però, ad uscire senza che possa esser provata la sua responsabilità diretta in merito ai decessi da cacio al peyote. Tuttavia, la sentenza finale imporrà al caseificio l'obbligo di commercializzare il controverso formaggio con l'etichetta "Attenzione: non è un Bel Paese per vecchi".
Proprio Così. Vorrei ascoltare "Chez Jacquet" nella versione originale di Django Reinhardt ma mi scontro con la realtà dei fatti: mai registrata. Un pò come voler vedere Muzio Scevola mentre si allaccia i sandali cò 'na mano sola: mai ripreso.
In automobile. Accendere lo stereo. Ascoltare la musica piacevole di una stazione radio. Congratularsi con sé stessi per il cd (inesistente) che a torto pensiamo di aver precedentemente lasciato nello stereo. Tamburellare con le dita sullo stereo e premere accidentalmente il tasto per cambiare la sintonia. "Ma và? Ma era la radio? Non un cd?" Semaforo rosso. Guardare a destra: un automobilista si scaccola e non ha visto nulla. Guardare a sinistra: un tipo in motorino canta da solo e non sospetta nulla. E io? Scambio cd per stazioni radio. Peccati veniali. Potevo combinare di peggio. Mi rivolgo al tizio che ha smesso di scaccolarsi: "Però, le fanno un pò troppo accessoriate 'ste diligenze, eh?" E lui a me: "Ma và? Ma quella è una diligenza? Non un carrettino a mano? Mi sembrava che stesse guidando un carrettino a mano!" Fregato. Non è così semplice riuscire a fare una figuraccia. Bisogna accettarlo e conviverci.
Che cos'è mai lo "zacchero"? Io so cos'è lo "zucchero": è per questo che si dice "inzuccherato". Ma allora perchè si dice anche "inzaccherato"? Che cosa diavolo è questo "zacchero"?
Niente è meno imputabile alla volontà che l'idiozia. Eppure niente è più irritante di essa, quasi che all'idiota possa esser fatta colpa di esserlo. Non si pùò pretendere che il talento, o il semplice senso comune, nasca a volontà in chi ne è privo. Eppure, io Dj Francesco lo strozzerei. A torto, lo riconosco.
Amici, se avete a cena molti amici e dei mici qual nemici, date via i puzzosi caci, sia bandita pasta e ceci, che l'oblio copra le alici, liberate le pernici! Preparatevi un...
micetto ai miceti
Ingredienti
- 1 micetto - 500 g di miceti (funghi)
Preparazione
- Fai soffriggere 1 micetto con cipolla e aglio in olio d'oliva, girandolo di tanto in tanto afferandolo dalla coda. - Quando il micetto è dorato, butta in padella i miceti puliti e affettati. - Prosegui la cottura finchè non sia tutto ben amalgamato. - Elimina i cacchi d'aglio e le eventuali medagliette con su scritto "fuffy" o nomi del genere. - Fai raffreddare 3 ore e mezza e servi.
Secondo me noi adulti impieghiamo troppe energie ad evitare di inciampare, cadere, ruzzolare quà e là e sporcarci. C'è tanta erba inutilizzata nei prati adattissima a macchiare indelebilmente i nostri jeans che ci ostiniamo a lavare in modo miope e compulsivo. Io, ad esempio, ormai sono arrivato ad un punto in cui quando - occasionalmente - mi faccio male, al massimo incappo in qualche insipido, irriverente taglietto. Un micetto "incazzuso" saprebbe fare di meglio... Bleah... E' proprio vero che non ci sono più quelle belle sbucciature di una volta su ginocchia e gomiti. Non so come facciano alla Cicatrene & Co. ad andare avanti.
La cipolla è un’altra cosa. Interiora non ne ha. Completamente cipolla fino alla cipollità. Cipolluta fuori, cipollosa fino al cuore, potrebbe guardarsi dentro senza provare timore.
In noi ignoto e selve di pelle appena coperti, interni d’inferno, violenta anatomia, ma nella cipolla – cipolla, non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda, fin nel fondo e così via. Coerente è la cipolla, riuscita è la cipolla. Nell’una ecco sta l’altra, nella maggiore la minore, nella seguente la successiva cioè la terza e la quarta. Una centripeta fuga. Un’eco in coro composta.
La cipolla, d’accordo: il più bel ventre del mondo. A propria lode di aureole da sè si avvolge in tondo. In noi – grasso, nervi, vene, muchi e secrezioni. E a noi resta negata l’idiozia della perfezione.
Un gruppo di amiche in perenne ricerca di sé stesse, scarica il proprio nervosismo sgranocchiando lupini durante ripetute riunioni psicoanalitiche collettive. Al termine di questo percorso, le donne raggiungono la consapevolezza che il loro grande sogno, da sempre represso ed addomesticato, è quello di correre, selvagge e scatenate, in una gara podistica campestre, ed alla prima occasione vi si iscrivono. La data fatidica si avvicina ma il nervosismo e l'eccitazione cresce nell'animo delle amiche. Come uscire da questo ginepraio emotivo? Ma ecco che la soluzione si palesa grazie al tocco creativo dell'estro femminino: "Ma scusa, facciamo come abbiamo sempre fatto, no? Portiamoci appresso una bella cartocciata di lupini!". Geniale, non c'è che dire. Il giorno della gara, le donne si presentano con le saccocce della tuta piene zeppe di lupini: si piazzeranno ultime - impegnate come sono a sputare in terra la coccia delle fusaie durante la corsa - ma poco importa, la soddisfazione per essere entrate in contatto con l'essenza più profonda del loro animo sarà comunque impareggiabile.
Rodrigo, distinto signore di mezza età, da qualche anno accusa seri problemi alla vista: un occhio di vetro, il destro, e la cataratta al sinistro. Egli, da sempre, concupisce non ricambiato (e ti credo) la graziosa Lucia, promessa sposa al giovane Fermo."A brutto cecato, piuttosto che andare con te mi faccio monaca! Anvedi questo...": c'è da dire che effettivamente su questo punto Lucia era stata da subito abbastanza chiara. Arrivato il giorno delle nozze, Rodrigo - coadiuvato dal fedele amico Griso - si confonde fra i banchi della chiesa ed attende l'entrata di Fermo, che però gli sfila davanti senza che lui, "accecato" dal livore, se ne accorga. All'ingresso di Lucia, Rodrigo inspiegabilmente si attiva e corre verso colei ch'egli credo Fermo, tenendo in mano una pignatta di seppie coi piselli, proprio mentre Griso grida: "Fermo! E' Lucia...", ma il patatrac è ormai inevitabile: la sposa imbrattata, le residue possibilità di Rodrigo azzerate e la cerimonia rimandata. Toccante il monologo interiore finale del povero orbo che termina con le parole: " 'Sta stronzata, non s'aveva da fare".
Sin dalla tenera età Robert Neville si confonde sistematicamente nell'utilizzo del verbo "essere" e del verbo "stare". Le sue difficoltà grammaticali si accentuano quando Robert si ritrova unico superstite in un mondo devastato da un'epidemia che ha tramutato tutti gli altri esseri umani in automi scorbutici ed ancor più dislessici di lui. Con chi scambiare due chiacchiere? Con chi fare pratica di congiuntivi? "Io sto l'unico sopravvisuto in questo triste mondo", si ripete di tanto in tanto, con la consapevolezza che da qualche parte in quella frase ci sia un errore senza sapere esattamente dove. Il poveretto passa momenti bui, abbrutito in una condizione di isolata sgrammaticatura sino al giorno in cui trova riparo nella biblioteca comunale abbandonata. Grazie alla lettura dei grandi classici della letteratura Robert eleva la conoscenza del linguaggio umano cominciando a risolvere - almeno così egli crede - i suoi problemi linguistici: "Che soddisfazione, starò pure l'ultimo sopravvisuto, ma almeno io sono leggendo, mi sono migliorando, e che cavolo!"
Romanzo che narra le disavventure di un esploratore affetto da stitichezza, disperso nei meandri della jungla nera. Dopo le difficoltà dei primi, durissimi giorni, ben presto si presenta il feroce problema della stipsi. A nulla sembrano giovare l'intensa attività fisica ed una dieta rigorosissima a base di frutti tropicali. La situazione sembra disperata e senza via di uscita sino al fortuito incontro con una comunità di Thugs. Assistito dal benevolo sciamano della tribù, l'esploratore viene sottoposto ad un ciclo di clisteri di fortuna ottenuti facendo bollire rare radici selvatiche così da ritrovare, se non la via del ritorno in patria, almeno la serenità "interiore".
Un gatto logorroico e indisponente occupa - inspiegabilmente - il posto di uno scompartimento da sei sull'Orient Express, causando incredulità e stupore negli altri cinque viaggiatori. E "abbassa il finestrino", e "alza il finestrino", e "vi dispiace se mi rifaccio le unghie sulle vostre valige?", e "uff... potete smettere di sfogliare i giornali che il fruscio mi deconcentra dalle fusa?" e così via per ore ed ore, con altre assurde, odiose pretese. Ben presto l'iniziale disponibilità lascia il passo ad una malcelata insofferenza nell'animo dei cinque malcapitati compagni di viaggio. La situazione precipita quando il treno è costretto ad una sosta forzata di molte ore a causa di una tempesta di neve. L'idea di dividere lo scompartimento per un periodo tanto lungo con l'intemperante felino induce i cinque ad una decisione drastica e definitiva. Il micidio, avviene implacabile ed efferato nel silenzio ovattato della notte innevata.
Dormi, dormi, dormi Dormi almeno tu che puoi dormire. Io penso a te, tu non pensare a me. Tu pensa ad un cavallino d’argento, tu pensa ad un trenino che con i fari accesi ti diverte, tu pensa ad una mano che t’accarezza. Io penso a te, tu non pensare a me.
Metriòtes è un concetto greco che presuppone misura, equilibrio ed armonia nell'agire umano. Il bere alcolici è un chiaro e sublime esempio di ciò che con la metriòtes è possibile realizzare. L'equilibrio tra la sobrietà e l'essere ubriachi. La giusta miscela tra condizioni e stati d'animo tanto diversi. Ogni astemio conduce, in realtà, una vita sregolata contraddistinta da un pernicioso eccesso di sobrietà. Egli dice: "non ho bisogno di ubriacarmi per fuggire dalla realtà". Gli risponde, con equilibrio e metriòtes, il bevitore: "è vero, ma la mia idea di realtà comprende una buona bevuta di tanto in tanto".
il gala-teo: lasciare sempre del cibo sul piatto da portata, abitudine antica quando la servitù mangiava in cucina dopo aver lavorato. il gala-meo: se c'hai fame magnate tutto, e intendo tutto ma proprio tutto (vedi voce correlata sulla scarpetta).
il gala-teo: si tolgono i semi dal cocomero con la forchetta, si taglia con il coltello a dadi, poi si porta alla bocca. il gala-meo: il cocomero? si mangia con le mani a mozzichi, i semi li sputi in faccia a chi sta seduto davanti e le cocce le passi sulle guance di qualche malcapitato che ti da le spalle. chiaro, no?
il gala-teo: staccare i gusci di mare sempre con la forchetta delicatamente, tenendo il guscio nell’altra mano. il gala-meo: vai tranquillo con le mani. Eventualmente, usa il guscio delle cozze a mò di nacchera, se proprio ti senti un pò gigione.
il gala-teo: la scarpetta non si fa mai, in nessun caso. il gala-meo: ma de chè... la scarpetta non si tocca: spaccate mezzo filone casareccio, rimboccati le maniche, ed utilizzalo per scarnificare il piatto da sughetti, intingoli e quant'altro ti sia precedentemente sfuggito. il gala-teo: l'aperitivo va servito in continuazione, senza attendere la presenza di tutti gli ospiti. il gala-meo: quì il gala-meo concorda (e ci mancherebbe altro, aò): bevi finchè non ti gira la testa o finisce tutto.
il gala-teo: se il consommé è in tazza, sorseggiare con estrema lentezza e pudore. il gala-meo: il consommé, se ti posso dare un consiglio, fattelo bum-bum, fidate... se proprio vuoi strafare, lasciatente un sorso in bocca e prima di deglutire fattici pure i gargarismi.
Io penso che chi si incaponisce ad aprire una macchina altrui pensando di aprire la propria, sia la persona meno adatta a spiegare tale distrazione al proprietario dell'automobile sopraggiunto nel frattempo.